Greenpeace combatte la pubblicità dei big delle fonti fossili e alcune aziende non parlano più di “sostenibilità” per evitare l'effetto greenwashing.
Si fa presto a dire sostenibilità. Basta contare il numero di aziende, in qualsiasi settore, che negli ultimi anni ha fondato le proprie campagne di comunicazione marketing su questa parola, oppure sul termine “green” associandolo ai propri prodotti. Una tendenza che nei tempi più recenti si è ulteriormente accentuata, spinta dall’emergenza climatica che è appena stata al centro delle discussioni della COP26 di Glasgow, in Scozia. Del resto, anche i consumatori sono sempre più attenti all’impatto ambientale delle proprie abitudini di vita e lo sono soprattutto le generazioni più giovani, che saranno i grandi acquirenti di domani.
Cos'è il Greenwashing? La facciata verde che nasconde altro
Ma quanto c’è di vero nelle campagne di green marketing? È realtà oppure si tratta di semplice greenwashing?
Fare Greenwashing significa dare una bella “pennellata di verde” alla propria facciata senza, però, modificare nulla nella tipologia di prodotti che si immettono sul mercato o nei processi produttivi che stanno a monte. È un tentativo di ingannare i consumatori costruendo una falsa immagine di sé priva di impatti negativi sull’ambiente. Spesso, un’immagine ambientalista è disegnata proprio allo scopo di abbassare l'attenzione sui aspetti negativi.
Il fenomeno del greenwashing si verifica quando la realtà dei fatti non corrisponde (o corrisponde in modo insufficiente) al contenuto dei messaggi condivisi. Oggi il Greenwashing in Italia è considerato come pubblicità ingannevole.
Vi siete mai chiesti, per esempio, per quale motivo le grandi compagnie energetiche dei combustibili fossili ultimamente insistano così tanto sui progetti per la salvaguardia dell’ambiente? Quanto ci sarà di vero in queste intenzioni? Si è posta questa domanda anche Greenpeace, che ha lanciato in ottobre una petizione europea (chiamata Iniziativa dei Cittadini Europei) con l’obiettivo di raccogliere un milione di firme per vietare le pubblicità e le sponsorizzazioni delle aziende inquinanti. Nel mirino di Greenpeace non ci sono solo i big dell’energia, ma anche l’industria automobilistica e le compagnie aeree, ossia i settori che contribuiscono maggiormente alle emissioni di CO2 in atmosfera e all’inquinamento dell’aria.
Anche il green computing o “green IT” è a rischio greenwashing. Se da un lato, infatti, grazie all’informatica e alla tecnologia è possibile risparmiare moltissima carta o consentire lo smart working, con conseguente riduzione di emissioni dovute agli spostamenti, dall’altra parte i dispositivi come cellulari, tablet e computer sono molto costosi dal punto di vista ambientale in termini di materie utilizzate per produrli e anche dal processo necessario per smaltirli a fine vita.
“Nel 2003 - osserva Greenpeace - l’Unione Europea, riconoscendo il rischio per la salute, vietò alle aziende del tabacco di farsi pubblicità. Firmando questa Petizione Europea, possiamo ottenere lo stesso risultato contro le multinazionali più inquinanti del mondo”.
Per la sostenibilità serve agire responsabilmente
Ci sono, invece, alcune aziende che hanno marciato controcorrente, decidendo di eliminare dalla propria comunicazione le parole utilizzate dal marketing green, proprio per evitare qualsiasi associazione con il concetto di greenwashing. Come Patagonia (noto brand dell’abbigliamento outdoor), che ha dichiarato di non utilizzare mai la parola “sostenibile” perché riconosce di essere in realtà parte del problema.
“Compensare le emissioni non cancella il nostro impatto ambientale - ha affermato la società - e non ci salverà nel lungo periodo. Prima di tutto dobbiamo ridurre il peso del nostro business tagliando drasticamente le emissioni in tutta la nostra filiera”.
Oppure l’italiana Aku, produttore di scarpe da alpinismo e trekking, che ha scelto di evitare l’utilizzo di termini come sostenibilità, green, eco, preferendo invece la parola “responsabile”.
Al di là delle sottili tecniche di comunicazione, dovremmo abituarci a guardare maggiormente alla sostanza (e questo vale sempre e comunque!). Dobbiamo essere onesti e ammettere che non si può passare da un giorno all’altro da un’economia basata sulle fonti fossili a un mondo pulito e alimentato esclusivamente da energie rinnovabili. Ci vuole del tempo. Ma è anche vero che l’emergenza climatica in atto ci impone di non rimandare più nessuna delle azioni possibili e che il periodo di transizione per abbandonare le fonti fossili dovrebbe già essere a buon punto. Invece non è così, perché molti investimenti mondiali remano ancora in direzione opposta.
4 elementi per riconoscere un atteggiamento responsabile dal greenwashing
Anche noi consumatori dobbiamo essere Responsabili all'atto dell'acquisto. Dobbiamo prestare attenzione ad alcune variabili della comunicazione:
- alle fonti che le aziende presentano sui propri mezzi di comunicazione per validare la veridicità delle proprie azioni;
- bilanci e report di sostenibilità, resi pubblici e consultabili dal sito web;
- fare attenzione alle certificazioni da parte di enti accreditati e credibili
- individuare precedenti e pratiche scorrette da parte delle aziende, incorse in sanzioni o in ammonimenti da parte delle autorità preposte alla concorrenza
La parola “responsabilità” è importante perché ci riporta al centro del problema: l’attività di qualsiasi azienda industriale oggi non è mai sostenibile fino in fondo, ma deve essere responsabile, ossia finalizzata allo sviluppo di prodotti e processi sempre più green.
Viessmann si impegna da tempo nell'efficientamento della produzione e promuove la cultura dell'impegno e della responsabilità. Il Viessmann Climate Report indica qual è la Strategia per il Clima dell'azienda che parte da obiettivi chiari e circoscritti temporalmente e dalla comunicazioni di valori fondamentali, quali appunto la responsabilità nei confronti delle generazioni future.
Concretamente il risultato si sta già vedendo con i nuovi sistemi di climatizzazione basati su fonti rinnovabili (come le pompe di calore) e le nuove caldaie a condensazione H2 Ready compatibili con l’idrogeno.
Questo è un percorso che coinvolge tutti. Ogni piccola scelta di oggi è una grande responsabilità per il domani.