Tutto quello che c’è da sapere sulle comunità energetiche rinnovabili, un modello di gestione partecipativa dell’energia che comporta molti vantaggi.
Indice:
- Cosa sono le comunità energetiche rinnovabili?
- La normativa sulle comunità energetiche in Italia
- Chi può partecipare a una comunità energetica rinnovabile?
- Come funziona una comunità energetica?
- Incentivo per le comunità energetiche
- La parziale indipendenza
- Che vantaggi hanno le comunità energetiche?
- Gli obiettivi statali a medio termine
- Quanto costa una comunità energetica?
Cosa sono le comunità energetiche rinnovabili?
La comunità energetica rinnovabile (CER), sono gruppi consumatori e produttori di energia elettrica che scelgono di unirsi per produrre e consumare "localmente" energia elettrica da fonti rinnovabili.
Tecnicamente, l’ultima bozza di decreto del MASE, che norma la materia parla di CACER, parla di configurazioni di autoconsumo per la condivisione dell’energia rinnovabile.
Queste energy community si concretizzano come un modello di gestione energetica decentralizzata e partecipativa che consente ai membri di una comunità di diventare “prosumer”, ossia produttori e consumatori di energia elettrica.
Esistono altri modelli di prosumer riconosciuti dalla normativa che affiancano le CER: l’autoconsumo individuale e i gruppi di autoconsumatori che agiscono collettivamente appartenenti a uno stesso edificio o condominio.
Le comunità energetiche possono sfruttare diverse fonti di energia rinnovabile (solare, eolica, geotermica e da biomassa), ma quelle destinate ad avere il massimo sviluppo saranno le comunità basate sul fotovoltaico.
Per accedere a specifiche agevolazioni statali previste (che vediamo inseguito) la potenza dei singoli impianti non può superare 1 MW.
I partecipanti a una medesima CER devono sottostare alla medesima cabina primaria di alimentazione.
Immagine tratta dalla guida “Le comunità energetiche in Italia” realizzata da GECO in collaborazione, tra gli altri, con ENEA.
La normativa sulle comunità energetiche in Italia
Le comunità energetiche rinnovabili sono nate ufficialmente in Italia con il Decreto Milleproroghe 162 2019, convertito nella Legge 8 del 28 febbraio 2020, che hanno iniziato a recepire le indicazioni dell’Unione Europea in tema di energia pulita (in particolare, la direttiva RED II (Renewable energy directive 2018/2001/UE) del dicembre 2018.
A questa prima definizione generale sono seguiti la Delibera di ARERA 318/2020 e il Decreto attuativo del MISE del 16/9/2020 sull’autoconsumo collettivo che hanno specificato gli aspetti tecnici, le agevolazioni e i "bonus".
Infine, è arrivato il D.Lgs. 8 novembre 2021, n. 199, entrato in vigore il 15 dicembre dello stesso anno, che ha recepito definitivamente la Direttiva RED II introducendo alcune fondamentali novità.
Ad esempio, l’allargamento del perimetro territoriale (da cabina secondaria a cabina primaria) delle comunità energetica rinnovabili e l’aumento della potenza massima degli impianti (passata d 200 kW a 1 MW). Ma mancava ancora un ultimo tassello del puzzle normativo.
Il decreto del MASE in corso di approvazione
L’ultimo tassello del puzzle è arrivato con la bozza del Decreto attuativo preparato nel febbraio del 2023 dal Ministero per l’Ambiente e la Sicurezza Energetica. Bisognerà attendere il via libera da parte della UE perché questo entri in vigore.
Nel frattempo, i distributori (come e-distribuzione e unareti) si sono già attrezzati per rendere disponibili "mappe" per identificare le aree sottese alla medesima cabina primaria.
Chi può partecipare a una comunità energetica rinnovabile?
Le comunità energetiche sono aperte alla partecipazione di diverse categorie di soggetti che producono e scambiano l’energia tra di loro:
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persone fisiche (singoli cittadini);
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piccole e medie imprese;
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amministrazioni locali ed enti territoriali;
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enti di ricerca e formazione;
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terzo settore, enti religiosi e di protezione ambientale.
I soggetti che decidono di aderire alle comunità energetiche possono avere differenti motivazioni: dalla riduzione dei costi energetici alla volontà di promuovere la decarbonizzazione mediante l'uso di fonti rinnovabili, fino al miglioramento economico-sociale della propria comunità.
Come funzionano le comunità energetiche?
Chi sceglie di avviare a una comunità energetica dovrà individuare un’area dove realizzare l’impianto, dai tetti ai terreni, se consentito, e raccogliere altri utenti (gli aderenti) interessati a partecipare alla comunità connessi alla stessa cabina primaria (cabina di trasformazione alta/media tensione).
Vuoi un esempio di energy community?
Quello di un piccolo Comune che sfrutta i tetti di infrastrutture, scuole o altri edifici pubblici con installati impianti fotovoltaici e unisce i cittadini residenti o le imprese, attività commerciali e aziende situate nel territorio.
Altro esempio potrebbe essere quello di una PMI che decide di implementare una produzione da FER (tipicamente impianti fotovoltaici) e poi offrire la partecipazione alla comunità energetica come "benefit" ai propri dipendenti (ovviamente solo a coloro che risiedono nell'area sottesa alla medesima cabina primaria).
I moduli fotovoltaici della serie Vitovolt 300 M-WI di Viessmann sono la soluzione ideale per autoprodurre e utilizzare energia elettrica in applicazioni su tetti di edifici condominiali, commerciali e industriali. Fabbricati secondo i più elevati standard qualitativi, raggiungono valori di potenza da 540 a 550 Wp.
Sarà possibile verificare preliminarmente con il GSE (Gestore dei Servizi Energetici) se il progetto può essere ammesso alle agevolazioni disponibili.
Sarà poi necessario dare vita al soggetto giuridico autonomo (associazione riconosciuta o non riconosciuta, consorzio, cooperativa, fondazione, tutti non a scopo di lucro) che si caratterizzerà come comunità energetica rinnovabile con un atto costitutivo che abbia come oggetto sociale prevalente i benefici ambientali, economici e sociali.
Una volta ottenuta l’autorizzazione a installare, il progetto potrà essere reso operativo e potranno essere richiesti gli incentivi al GSE.
Fonte: La Repubblica
Benché non sia considerabile ancora concluso l'iter normativo che porterà, a breve si spera, al Decreto e alle regole tecniche del GSE una cosa è chiara: la logica che si desidera dare al calcolo degli incentivi.
Gli impianti potranno godere sul 100% dell'energia ceduta in rete del ritiro dedicato quindi una valorizzazione al PMZ - prezzo medio zonale - in più sulla quota di energia ceduta in rete E condivisa collettivamente si potrà accedere agli incentivi.
Guardando agli incentivi una domanda sorge quindi spontanea: perché NON fare una comunità energetica?
Incentivo per le comunità energetiche
Per le comunità energetiche rinnovabili sono previsti due diversi strumenti di sostegno pubblico che riguardano impianti basati su fonti energetiche rinnovabili fino a 1 MW di potenza:
- Tariffa incentivante sulla quota di energia condivisa e autoconsumata, con durata di 20 anni e variabile in funzione della potenza dell’impianto; secondo le ultime bozze del decreto del MASE, sono previsti delle quote fisse che vanno dai 60 euro/MWH per impianti oltre i 600 kW ai 70 per quelli compresi tra 200 kW e 600 kW fino agli 80 euro/MWh per gli impianti fino a 200 kW.
A queste cifre base sarà aggiunto un ulteriore premio legato al prezzo medio zonale orario dell’energia elettrica, determinando un valore massimo della tariffa, per le tre fasce, di 100, 110 e 120 euro/MWh.
Gli impianti fotovoltaici nelle regioni del Nord e Centro Italia dovrebbero godere di una ulteriore maggiorazione tariffaria, per compensare la minore producibilità dei pannelli.
La potenza massima di energia rinnovabile che potrà essere in incentivata con questa modalità è pari a 5 GW complessivi fino a fine 2027. - Contributi a fondo perduto fino al 40% dell’investimento esclusivamente per i Comuni sotto i 5.000 abitanti (la misura è finanziata con 2,2 miliardi di euro del PNRR); chi otterrà il contributo potrà cumularlo con la tariffa incentivante, in questo caso, gli incentivi spettanti saranno riproporzionati.
Entro 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto (ora all’esame dell’UE), il MASE ne emanerà un altro contenente le regole operative per l’accesso agli incentivi e successivamente, entro altri 30 giorni, il GSE aprirà lo sportello per presentare le richieste.
La parziale indipendenza delle comunità energetiche
Una comunità energetica non consente di diventare completamente autosufficienti per l’approvvigionamento elettrico, quindi non ci si può scollegare dalla rete pubblica, esattamente come per le altre configurazioni di autoconsumo.
Il grado di indipendenza dipenderà dalla dimensione dell’impianto e dal profilo di consumo degli aderenti e dalla loro numerosità.
Ogni soggetto facente parte di una comunità energetica rinnovabile continuerà a pagare la propria bolletta e periodicamente riceverà dalla comunità i pagamenti relativi ai guadagni generati dalla condivisione dell’energia e dalla vendita di quella non autoconsumata direttamente ai POD dove sono collegati gli impianti.
La logica di ripartizione dei benefici tra gli aderenti è un modo importante e non sempre si opterà per una ripartizione "economica", ad esempio, si potrà scegliere che gli introiti siano reinvestiti dalla comunità stessa.
Che vantaggi hanno le comunità energetiche?
Le comunità energetiche rappresentano un modo innovativo e sostenibile per affrontare i problemi del costo dell’approvvigionamento energetico.
Presentano numerosi vantaggi, che possiamo raggruppare in 3 categorie:
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Vantaggi ambientali
Per quanto si possa trattare l’argomento in maniera più o meno approfondita, è corretto affermare che le scelte che comportino un incremento del risparmio di energia primaria come l’autoconsumo da rinnovabili e la CAR (cogenerazione ad alto rendimento) siano i pilastri su cui fondare una politica di approvvigionamento energetico sostenibile. -
Vantaggi economici
La diminuzione dei costi di approvvigionamento e la possibilità di beneficiare degli incentivi stabiliti dal MiSe sarà una leva importante nella diffusione delle CER. -
Vantaggi sociali
L’appartenenza ad un gruppo di autoconsumatori comporterà, a fronte di un investimento iniziale, un flusso di cassa positivo che negli anni potrebbe essere investito in iniziative che la comunità stessa ritiene necessarie/opportune, come ad esempio: potenziamento dell’impianto FER, verde pubblico, centri di aggregazione, attività socioculturali in genere.
Attraverso il reinvestimento dei profitti generati e l’ottenimento di benefici energetici, sociali e ambientali, le comunità energetiche mirano alla sostenibilità economica con una missione sociale più ampia.
Gli obiettivi statali a medio termine
La comunità energetiche sono uno degli strumenti con cui il governo intende centrare gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 e rafforzare il percorso per la sicurezza energetica.
La sfida è grande: dar vita a 15.000 aggregazioni di cittadini e imprese per produrre e consumare energia elettrica da fonti rinnovabili grazie alle misure da poco approvate, realizzando impianti per un totale di 5.000 MW di potenza nell’arco di 5 anni, con i piccoli Comuni che dovrebbero contribuire in maniera massiccia (2 GW fino al 30 giugno 2028) grazie ai finanziamenti specifici previsti.
Quanto costa una comunità energetica
Trattandosi di impianti di dimensioni medie o grandi, il costo di avvio per una comunità energetica è alto e difficilmente può realizzarsi esclusivamente con il contributo dei suoi membri.
I Comuni sotto i 5000 abitanti potranno contare su un contributo a fondo perduto del 40%, mentre per tutti gli altri restano valide altre opzioni di finanziamento, dalle convenzioni con il Comune o altri enti territoriali oppure con soggetti privati.
Nonostante l’investimento iniziale significativo, i risparmi sulla bolletta elettrica e la tariffa incentivante per la durata di 20 anni sui consumi dell’energia condivisa possono garantire ottime opportunità economiche.